Chi accoglieva i pazienti di Sigmund Freud a Londra? Quali dolci piacevano al più famoso dei terapeuti? Lo scopriamo qui, in un breve racconto in casa Freud.
Londra, ottobre 2012
Immerso in una rigogliosa zona residenziale del quartiere londinese di West Hampstead, tra le tante case a schiera di Maresfield Gardens, quella con i mattoncini più rossi è l’abitazione dei Freud. Incorniciata da una siepe verde. Sotto i rami di un mandorlo in fiore, vi è la bassa porticina di legno del civico 20 dove, antistante al prato inglese, l’uomo ha dipinto timidamente l’insegna di una piccola porta color fiordaliso: “Open, please walk in”. Domina l’ingresso un grande oblò vitreo con una tendina bianca che vela il suo interno.
Eccomi qui, in casa Freud! Mi sento un po’ come Mary Poppins che arriva dal cielo dinanzi alla soglia con il suo ombrellino nero made in England, mentre le altre aspiranti governanti svolazzano via come foglie autunnali.

foto di Gaetano Barreca
Il pensiero mi invita a suonare, appoggio la mano alla porta e questa si apre di scatto, facendomi ritrovare dinnanzi a un dagherrotipo a tre dimensioni. Stando alle storie che ho sentito sulla vita tra le mura di casa Freud, mi aspettavo l’arrivo entusiasta del tifone Jofi con il suo gioioso abbaiare e le piccole zampette che sbattono rumoreggianti sul parquet. Un’immaginaria Miss Paula Fichtl, poi, da non confondere con Miss Jessica Fletcher, sopraggiunge magra e sorridente con una delle sue deliziose torte e biscotti che offre ai visitatori. Dal suo studio, sento borbottare con voce anziana il dottore dai piccoli e rotondissimi occhiali per questi modi poco ortodossi di accogliere i suoi pazienti.
Ormai una di famiglia, l’allora trentasettenne e affezionata governante non si faceva mai sottomettere dal dottor Sigmund. Mi diverto a immaginarla precisa e risoluta nel suo grembiule infarinato e con accento austriaco dare le solite spiegazioni: “I pazienti sono venuti a casa sua, e pertanto non sono solo i suoi pazienti, ma i suoi ospiti!”. Il dottore sbuffante accettava il compromesso e, finita la sua seduta con uno dei pochi pazienti, si ritrovava spesso a dover scuotere i tappeti che coprivano il celebre divano, ricolmi di briciole di Strudel, Stollen, Kugelhupfe, e Plunderflechten fatti in casa.
Il più grande stupore per qualsiasi pseudo-paziente che metteva e mette piede nello studio del Dottore è che questo non ricorda lo studio di un medico, bensì quello di un archeologo! Inconsueto per tutti visto che l’immaginario collettivo, quando si parla di Freud, è focalizzato sul lettino analitico su cui i pazienti si sarebbero confortevolmente distesi, magari finendo di masticare il furtivo biscotto offerto da Miss Fichtl.
Tornando a parlare di briciole, mi ha fatto sorridere il pensiero del dottore che mangiava una brioche davanti al negozio di Tiffany e Co. prima di acquistare nel 1909 una ciotola cinese di giada. Sono sicuro che lui e Audrey Hepburn sarebbero diventati ottimi compagni dell’ora del tè!

Racconto di Gaetano Barreca, tratto dal libro Parole di Pane, AA.VV. Farnesi Edizioni, 2013
©️ Tutti i diritti riservati
Strudel, una delle torte preparate da Miss Paula Fichtl Audrey Hepburn da bambina
Si ringrazia:
- Il Freud Museum di Londra
- Il giornalista tedesco Detlef Berthelsen, autore del libro Vita quotidiana in casa Freud
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Categorie:Estratti e Racconti
ma lo sai che sei diventato bravo? Very compliment
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Un racconto davvero delizioso.
Grazie per la condivisione.
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