Di Ruderi e Scrittura

Video: ecco come ho conosciuto una tagliatrice di vermi

 

“In un assolato giorno di fine maggio, mi sono presentato nel suo sottano nella Città Vecchia, con un mazzo di fiori tra cui una rosa che sapevo essere il suo fiore preferito. Mi recai da lei senza preavviso perché, sebbene fossi timorato da questo atteggiamento spontaneo, mi dissero che “qui è così che funziona.”

Ero emozionatissimo e, oltre la tenda del basso, la trovai intenta a preparare l’impasto delle orecchiette nello stretto soggiorno, mentre la figlia stava già facendo bollire il sugo nella cucina accanto. Chiesi permesso e, posto da parte il tavoliere, la signora mi accolse con un sorriso. Mi offrì del limoncello fatto in casa, ottimo. Quando mi presentai come scrittore interessato alla sua storia, la volli rassicurare dicendo che non ero lì per parlare di Benedetto, il fratello disabile assassinato brutalmente da un branco di fascisti nel 1977, ma del suo lavoro di tagliatrice.

Questo è ciò che Porzia mi ha raccontato: «All’inizio, anche io non credevo a queste cose. In particolar modo perché mi era stato detto che queste donne bestemmiavano. Ma per necessità ho voluto imparare, tanto tempo fa, e ne sono felice. Una sera, una mamma di colore si recò da me perché il suo bambino aveva la febbre alta e non sapeva a chi rivolgersi. Infatti, a quel tempo non c’erano altre famiglie di colore a Bari Vecchia, e le persone non erano abituate ad avere relazioni con gente straniera, per paura di essere mal giudicate. Alcuni persino si schifavano. Quando portai la giovane donna dalla tagliatrice per togliere i vermi, questa non trovò il coraggio di toccare il bambino. Guardandolo, gridò: “In casa mia il sole non entra”.

Ancora oggi, non so cosa volesse dire. Con il tempo, ho pensato che la tagliatrice si riferisse al detto “Addò trase u sole, non drase u dottore (ndr. Dove entra il sole non entra il dottore)” a significare proprio che non voleva curarla, non lo so!

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Comunque, mi fece tanto male sentire il suo rifiuto, e così tornai a casa con la ragazza e il bambino, dicendo che avrei trovato un altro modo per aiutare quella creatura. Il mattino dopo, probabilmente per il gran senso di colpa, la tagliatrice bussò alla mia porta e mi chiese se volessi imparare. Io volevo aiutare il bambino e accettai. La tagliatrice mi spiegò quello che dovevo fare e io l’ho fatto. Mi ha fatto mettere l’olio alle mani e fatto fare i gesti e la preghiera. Non so come funziona, ma quella povera creatura smise di piangere. Lo faccio ancora. Ieri per esempio è venuta una madre con il figlio. Se posso aiutare, io do sempre una mano. Ma io lo faccio per amore, lo faccio per Lui» mi disse guardando un quadro di Cristo Risorto.

«Che fine ha fatto quella madre di colore?» chiesi. Porzia chiamò la figlia che stava girando il sugo e si fece aiutare ad alzare la cassapanca dove era seduta. Prese l’album delle vecchie foto e orgogliosa me ne mostrò alcune. Vedi» mi disse «questo è il bambino e questa la sua sorellina. È nata dopo. Madò che belli!» Baciò la foto. «Ormai sono di Bari Vecchia, devi sentire come parlano il barivecchiano! Qui li conoscono tutti come i figli di Porzia, gli vogliono bene e guai a chi li tocca. Ormai sono cresciuti» concluse mostrandomi fiera una tradizionale foto del bambino con il pisellino di fuori su un asciugamano «e io sono anche diventata la nonna dei loro figli. Sono la gioia mia.»

Quella donna era di una tenerezza disarmante!”

Video: estratto del libro “La Tagliatrice di Vermi e altri racconti” letto dalla bellissima voce di Pasquale D’Attoma Fanizzi.
Gaetano Barreca, Wip Edizioni, 2017

 

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