Conversazioni e Interviste

Così eravamo, nel 1975

di Felice Laudadio per SoloLibri.net 

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“Così eravamo, a Bari, nel 1975
Vestivamo pantaloni a zampa d’elefante e fumavamo, per sentirci più grandi, ma solo sigarette, sebbene non necessariamente del Monopolio. Di tabacco, comunque, fumo convenzionale, ma tanto, di brutto, da riempire le stanze. Ascoltavamo dischi in vinile e radio a transistor, ce lo ricorda Gaetano Barreca, in un libro che attende ancora l’editore italiano che meriterebbe: “Dopo il funerale: Novembre 1975”, giugno 2016, made in Usa, Charleston, 294 pagine.

Enfant du pais all’estero per lavoro, Gaetano è uno scrittore vero, c’è poco da negare, un narratore di buona vena e un acuto osservatore di persone, comportamenti, tic, atteggiamenti, dotato di grandissima memoria. In più, dev’essere un mago o quanto meno ha scoperto come viaggiare nel tempo, perché ancora non trova risposta la domanda che sorge spontanea, come direbbe Antonio Lubrano: ma se Barreca è nato solo nel 1979, come ha fatto a rappresentare così fedelmente la realtà minuta di tutti i giorni a metà degli anni Settanta?

Passino i fatti, che nell’era di Internet si possono apprendere anche senza compulsare libri e giornali. Escludiamo anche le persone, visto che emotività e caratteri alla fine tendono a restare grosso modo gli stessi nel tempo. Ma come ha fatto a riproporre con tanta correttezza, nel dettaglio e nei particolari, le abitudini, le battute, l’intercalare nel linguaggio comune, il modo di agire, di pensare, di vestire, le situazioni di allora e mai più?
Con una precisione stupefacente, descrive noi e i nostri giorni di allora, come se li avesse vissuti. Nelle immagini d’epoca, sembrano anni in bianco e nero, ma erano a colori, garantito.

 

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Tutto si sviluppa in tre giorni, nel 1975, a Bari. Tre soli giorni, a cominciare da una domenica di novembre. Nelle famiglie si tira avanti, con meno benessere ma qualche pensiero in meno rispetto ad oggi. Dagli appartamenti esce profumo di ragù e nei vasi sui balconi sono coltivate piantine di basilico, pare che l’odore tenga lontane le zanzare. Così dicono.
Giornata di festeggiamenti a casa di Luigi. Si è appena laureato in filosofia, a Roma e la mamma sta preparando un pranzo in grande, dodici commensali, un chilo e mezzo di orecchiette fresche al sugo, anzi due, per i bis. Papà Piero è passato dai pescivendoli che la domenica si riuniscono in un angolo del porticciolo vecchio. Ha comprato gli “allievi”, i polipetti giovani immancabili sulle tavole domenicali baresi, da consumare a pezzetti, rigorosamente crudi, ci mancherebbe!

Una domenica in un condominio affollato, in un quartiere popolare ma del centro, con la partita “della Bari” che incombe, a minacciare la quiete della festa familiare per via del prevedibile tifo rumoroso che sta per “accendersi” dalle 14,30, per quasi due ore, sulle frequenze di Bari Radio Uno, emittente privata in FM, allora clandestina per le autorità. Radio libera, ma radiocronaca abusiva, irradiata da un’altrettanto abusiva antenna co-lineare sui 102 megahertz. La squadra è impegnata in una trasferta difficile: lo stadio di Reggio Calabria è sempre inospitale per i biancorossi.

Luigi, ce l’hai la fidanzata? Nonna, no, non ce l’ho la ragazza. Bugia, a Roma c’è Iannaredde. Tra equivoci, battibecchi e tante chiacchiere tra i commensali, il pranzo per la laurea “con lode” – mamma Assunta tiene a precisarlo in continuazione – arriva al termine e l’uscita di scena degli ospiti chiude la prima parte del romanzo, come in una commedia di De Filippo.

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La seconda ha per protagonista soprattutto Nicola, un bel giovanotto, amore di mamma sua, che fa un brutto lavoro. Commercia auto rubate. È una Bari di malavita quella che viene raccontata, sempre con autenticità ed efficacia. Una criminalità che incrocia la società cittadina, perché nel 1975 la città aveva tante anime. C’era quella dei giovani rivoluzionari in eskimo, quella della cultura e dell’impegno, quella di un’università che cresceva. E c’erano la Bari bene che faceva gli affari suoi, come sempre e una serie di clan vecchio stile che stavano cominciando ad annusare aria nuova, sebbene si limitassero ancora al contrabbando di sigarette.
In mare, le motovedette della Finanza inseguivano gli scafi blu notte, ma nelle strade, ad ogni angolo, ometti truci o trasandati ostentavano stecche di Marlboro e Muratti: tre pacchetti mille lire.
Bari era così, se vi pare, in tutti i particolari, raccontati dall’ottimo Barreca.

Gaetano Barreca è nato a Reggio Calabria nel 1979 e vive a Londra, dove insegna lingua e cultura italiana, Brexit permettendo. Laureato in Storia dell’Arte e Archeologia a Perugia, scrive opere di narrativa storica e di tradizioni popolari. Vincitore del premio Giovane Holden, con Dopo il Funerale ha vinto diversi premi tra cui la Menzione di Merito al Premio Letterario Nazionale “Artisti” per Peppino Impastato e Segnalazione di Merito al Premio Letterario Nazionale Bari Città Aperta.

Ha pubblicato racconti e romanzi (‘La Tagliatrice di Vermi e altri racconti”, WIP edizioni, 2017,  “Inquietudini di Cera”, Lulu, 2011, “Martini Bias Crime”, Boopen, 2010, ) e contribuito alla realizzazione del libro “La Vita è una Cosa Meravigliosa” (Mondadori, 2009).

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