💬 Di seguito riporto le opinioni e le testimonianze di persone che ho intervistato durante le mie ricerche riguardo alla vicenda della Tota, una figura rimasta impressa nel ricordo popolare e che ancora suscita interesse.
Per alcuni una semplice donna del popolo, per altri una donna di facili costumi, per tutti la Tota era la vera madre di Aldo Moro.
Leggi la prima parte, o continua qui:
Dopo un lungo e non semplice lavoro compiuto con Alessandro Massaro, siamo riusciti a comporre l’albero genealogico dei Moro di Galatina. Una ricostruzione accurata, con tanto di documenti, in cui risulta finalmente qual è il rapporto tra Renato Moro, il piccolo Aldo e la sua presunta madre, La Tota.

A metà del 1800 a Galatina, Cosimo Moro e Giuseppa De Paolis diedero vita a cinque figli: Pietro Donato, Salvatore, Giuseppe, Angela Maria e Cesario.
Pietro Donato, Giuseppe e tutti i loro fratelli furono gente appartenente al popolino. Persone semplici, impiegati a lavorare la terra o a servire i signori del loro territorio.
Salvatore Moro, padre di Renato e dunque poi nonno di Aldo Moro, invece, si dice fosse di spiccata intelligenza e che studiasse per diventare medico. Per amore si spostò a Ugento dove cambiò piano di studi e divenne maestro elementare. Salvatore Moro e Paola Rosaria Ripa, originaria di Soleto, si sposarono a Galatina nel 1871 e qualche anno dopo, alle 12:30 del 15 ottobre 1876, a Ugento in via Roma venne al mondo Renato Ermele Riario, il futuro padre di Aldo Moro.
Dopo appassionati mesi dedicati alla ricerca e alla costruzione dell’albero genealogico dei Moro, Alessandro è riuscito a recuperare negli archivi, oltre agli atti di nascita di tutti gli appartenenti alla famiglia Moro, anche quello di Renato e soprattutto della Tota. Nata a Galatina nel 1877, e dunque un anno più piccola di Renato, Salvatora Moro, conosciuta da tutti come La Tota, fu figlia di Giuseppe Moro. Renato Moro e La Tota, furono cugini.
Galatina, 20 maggio 1877. Cappello in mano, alla scrivania del segretario dell’ufficio dello Stato Civile del Comune, Baffa Pietro, si presenta un contadino. Giuseppe Moro, di anni 27, domiciliato in Galatina, dichiara che alle ore 9:15 del pomeriggio, del 18 maggio 1877, nella casa di via Nuova al numero 38, dalla moglie Francesca Rossetti di professione filatrice è nata una bambina, a cui dà il nome di Salvatora. A questo atto sono presenti i testimoni Verdosci Giosuè, di anni 38, scritturale, e Moscara Giovanni di anni 36, calzolaio, entrambi residenti in Galatina. I due leggono e firmano l’atto di nascita della piccola, cosa che non fa il padre illetterato.
Con l’atto n. 139 del 1877, dunque, inizia la vita pubblica di Salvatora Moro, conosciuta da tutti come la Tota, la presunta vera madre di Aldo Moro e cugina, di un anno più piccola, di Renato Moro (il presunto padre adottivo).
La foto della Tota
Nell’ultimo articolo riguardante La Tota ero in attesa di vedere il volto della serva abusata dal suo padrone che si dice diede i natali ad Aldo Moro. Conscio del tratto ereditario, ma mosso da profonda curiosità, volevo vedere il segno particolare che La Tota condivideva con Aldo Moro, quel ciuffo bianco che Renato Moro e Fida Stinchi non possedevano e che forse, ripeto forse, aiutò il diffondersi della diceria che ormai molti conoscono.
Dopo tanto insistere ho ricevuto la foto che mi era stata promessa. Una magnifica signora dai tratti duri, il volto segnato dalla fatica, con un mento alto che risulta austero e posa per essere ricordato. Uno scatto in bianco e nero dove è visibile un accenno di ciuffo bianco comune a quello di Aldo Moro. Si tratta però di Carmela Moro, cugina di Salvatora Moro e figlia di Cesario Moro. Purtroppo non ho avuto il consenso di pubblicare la foto e dopo la fugace delusione provata, la voglia di vedere il volto della Tota è proseguita. Mi è venuto in mente, allora, che conoscendo la data di morte della Tota ci si poteva recare al cimitero del comune di Galatina e vedere la foto sulla sua tomba. Avrei avuto bisogno di altre notizie riguardanti la Tota, come per esempio il cognome di Lu Giuvanni, in caso fossero stati sepolti vicini, ma essenziale rimaneva trovare la data di morte. Ho iniziato così a investigare e Carlo poteva fornirmi qualche indizio.
In primis, però, ho deciso di condividere con Carlo le ricerche condotte fino a quel momento con l’aiuto di Alessandro Massaro. Ho inviato a lui l’albero genealogico dei Moro, dove si trova anche la sua compianta zia Pietrina Masciullo, e inoltre ho allegato l’atto di nascita della Tota di cui tanto avevamo parlato. Carlo ha apprezzato e si è detto dispiaciuto di non potermi aiutare. All’età in cui la zia Pietrina, madre di Donato Moro, raccontava di quelle storie lui era un ragazzino di circa 10, 11 anni. Ho chiesto a lui se sapesse, più o meno, a che età potesse esser morta la Tota o, ancora, se ricordasse che età aveva lui quando accadde. Avendo queste informazioni, si sarebbe potuto ridurre il campo delle ricerche e trovare la data esatta. Bastava infatti avvicinarsi di qualche anno, e poi sarebbe stato possibile rintracciare qualcosa al cimitero, perché conservano i registri dei morti e dunque la collocazione dei sepolcri. Avendo la data del decesso, avremmo potuto finalmente vedere il volto della Tota.
Carlo mi ha risposto che non sapeva, mi ha toccato il cuore dicendo che i suoi parenti sono tutti morti e nessuno meglio di loro avrebbe potuto chiarire questa storia. Per tatto non ho insistito nel ricordo, ma non ho lasciato perdere la ricerca.
Nel frattempo, arriva anche l’atto di matrimonio della Tota.
Il matrimonio
Il 10 aprile del 1910, alle ore 12:00, l’assessore Papadia Nicola unisce in matrimonio Giovanni Stanca del fu Giuseppe residente a Galatina, professione contadino, di 28 anni e Salvatora Moro del fu Giuseppe, casalinga, di anni 33.

A questo punto, Carlo si è recato una prima volta al cimitero di Galatina (essendo io bloccato a Londra per l’emergenza Covid-19) per trovare la zia Pietrina e mi ha inviato uno scatto fiero per attestare l’attendibilità dei suoi racconti. Si è aggirato tra i loculi alla ricerca di tracce della Tota, ma non ha trovato nulla.

Si è lasciato coinvolgere nella ricerca e, di iniziativa personale, ha deciso di recarsi in Comune per parlare con un parente che lavora lì. È così riuscito a ottenere la scheda personale anagrafica di Salvatora Moro. Era fatta! Da questa scheda, estratta dall’Archivio anagrafico al momento della morte di Salvatora Moro, abbiamo evinto le residenze negli anni 1931 e 1936 e con esse finalmente la data di nascita e il cognome di Lu Giovanni, Giovanni Stanca, e la data di morte della Tota, il 1963. Con queste informazioni in mano, Carlo poteva ritornare al cimitero senza colpo ferire e trovare, finalmente, la foto che ritraeva il volto della Tota.

Mi sono riscoperto euforico, ma c’era un piccolo problema, leggendo la scheda ho notato che le due residenze della Tota tratte dal censimento degli anni 1931 e 1936 non combaciavano con quelle che gli abitanti di Galatina dicevano di ricordare.
Da quanto era scritto nel censimento, ho avuto la conferma che la Tota non avesse mai vissuto in vico Crocifisso, nel centro di Galatina, dove tanti dicevano. Al contrario, la storia di Contrada Crocifisso e della chiesetta rupestre riportata all’inizio di queste ricerche era invece reale. Tanto reale che nell’atto compariva persino il numero civico, il 119. Inoltre, vico San Biagio che era attestato in tale documento era ben distante dal centro storico di Galatina. Dunque i miei studi precedenti erano completamente da rivedere?
Sopraffatto da un altalenare di emozioni, ho chiesto sostegno morale ad Alessandro che mi ha risposto così:
“Segui la pista dei documenti. Tante volte ci si lascia abbagliare da congetture probabilistiche che in realtà sono solo fantasie. Il lavoro dello storico è quello di restituire la realtà alla storia, incluse le note congetture che sono entrate a far parte dell’immaginario comune: anche questa è storia, perché è un fatto puramente umano che ha influenzato, se pure in maniera sbagliata, il sapere comune in un determinato lasso di tempo; e anche questo va detto, in modo da distinguere il vero dal falso. Il lavoro dello storico è anche quello di interpretare i fatti, se è possibile farlo, ossia dire il perché si è generata una leggenda metropolitana, se si è in grado di dedurlo, oppure dichiarare l’ipotesi o le ipotesi più verosimili. Comunque, credo che Contrada Crocifisso sia quella di cui accennavi tempo fa, quella che si raggiunge andando verso via del Duca. I ricordi di quella figlia di contadini erano dunque veritieri”.
Durante la notte, ho riportato alla mente delle ricerche che non avevo pubblicato riguardanti la chiesetta di Contrada Crocifisso e il dubbio che era conseguito: “Che La Tota e Lu Giuvanni fossero residenti lì per il lavoro del tabacco o un altro lavoro stagionale?”
La signora Lidia ricorda che: “Questa chiesetta una quarantina di anni fa è stata frequentata durante l’estate da tantissime persone e famiglie che da giugno a settembre erano in quelle zone per la raccolta del tabacco. Veniva utilizzata d’estate dagli ospiti mezzadri per partecipare alla messa delle 8:00 del mattino. Don Fedele Lazari, un sacerdote a cui era affidata la chiesetta, la mise a disposizione di tutte le persone, anche quelle che non erano all’interno della proprietà, per spezzare le giornate di dura fatica con momenti di aggregazione religiosa e culturale. A fine stagione poi, intorno a metà settembre, prima della chiusura si faceva una grande festa di musica e folklore con eco molto molto vasta… musica, gastronomia e cuccagna, che tempi, altri tempi! Forse la Tota e Lu Giuvanni lavoravano alla raccolta del tabacco in quel momento?”
Dall’atto ritrovato da Carlo, inoltre, la Tota risultava essere deceduta in data 1963, ma qualcosa non quadrava. Al cimitero non si trovava. Secondo le ricerche che Carlo ha effettuato con il custode del cimitero di Galatina, la data trascritta nel documento di morte potrebbe non essere il 1963, perché in quella data non hanno trovato nulla nei registri. Si pensa allora che abbiano scritto male. Da ormai appassionato ricercatore, con una lente di ingrandimento Carlo ha dedotto che l’anno esatto era il 1943.

La tomba della Tota
Carlo è tornato al cimitero dal suo amico custode e, passando con il dito ogni rigo alla ricerca del nome Salvatora Moro, sono riusciti a trovare dove era seppellita. A questo punto Carlo mi ha mandato un messaggio:
“Caro Gaetano, oggi sono tornato al cimitero e con il mio amico custode abbiamo guardato il registro di sepoltura del 1943. L’abbiamo trovata! La Tota è deceduta alle 12:50. Morta all’età di 65 anni. Nel registro cimiteriale è riportato lo scomparto numero 4 croce 198. Non si tratta di una vera e propria tomba. Devi sapere, infatti, che un tempo la gente povera veniva seppellita al suolo e al posto della lapide si metteva una semplice croce di ferro alla quale veniva attribuito un numero. Il custode mi ha accompagnato in questa parte non frequentata del cimitero che appare essere uno di quei campi dove un tempo riposavano i contadini al riparo dal sole di mezzodì. In un modo un po’ profano ho calpestato quel prato. Nello scomparto 4, però, queste croci appaiono tutte usurate dal tempo e rotte. La croce della Tota, potrebbe essere una qualunque tra queste, risulta indecifrabile”.


Ho ringraziato Carlo e ho condiviso la notizia con Alessandro Massaro, che come lui si era appassionato alla vicenda della Tota. Ho riferito che sapevamo dunque che la Tota era morta all’età di 65 anni, ma avere una sua foto risultava a questo punto impossibile. Invece Alessandro, da bravo ricercatore qual è, mi ha spiazzato.
“Chissà se la Tota ha avuto figli con Giovanni Stanca! Se così fosse, ci sarebbe qualche probabilità in più di trovare l’abitazione, che potrebbero aver ereditato i figli o i nipoti. E forse potremo fare un po’ di luce sulla storia dell’adozione”.
La storia della Tota continua! Il Caso Galatina 4: i figli della Tota
©️ Tutti i diritti riservati
Articolo pubblicato sulla rivista Il Filo di Aracne, anno XVI – n.4, ottobre/dicembre 2021, p.18
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Categorie:Aldo Moro, Il Caso Galatina