Sono impegnato a studiare la situazione politica italiana degli anni ’70 a causa di Luigi, il protagonista del mio romanzo. Partendo da Pasolini, sono arrivato a Berlinguer, Moro e, dopo Enrico Mattei, persino a Olivetti e all’omicidio Kennedy. C’è un enorme nesso tra quegli eventi riletti nel tempo. Nessi davvero meravigliosi che arrivano a spiegare la situazione attuale del nostro paese e la politica dei partiti. L’ultimo libro illuminante è stato Capitalismo Predatore di Nico Perrone e Bruno Amoroso eppure… il seguito di Inquietudini di Cera, che ho lasciato a metà per scrivere questo prequel del romanzo degli anni ’70 ambientato a Bari, mi chiama.
Icaro mi reclama gridando a gran voce e cercando rivalsa. Ho un nuovo studente inglese che è un terapista, con lui proprio oggi abbiamo parlato del suo libro pubblicato, basato su un caso vero: Lettere di un giovane uomo a cui è stata diagnosticata la schizofrenia, lettere dal 1960 al 1971. Un argomento incredibilmente simile al mio Inquietudini di Cera e al suo sequel ambientato in una Londra del 2009. Ancora, a marzo tornerà il mio studente dall’Australia, uno psichiatra, in cui due anni fa ho rivisto l’esatta personificazione del personaggio di cui stavo scrivendo, Khalid. Abbiamo visitato insieme gli stessi luoghi e musei di cui stavo scrivendo e seduti in una sala della Courtauld Gallery abbiamo analizzato l’aspetto psicologico della donna dietro al bancone di Manet, nel museo in cui avevo lavorato e ambientato la scena fondamentale del futuro romanzo.
Non credo alle coincidenze, specialmente l’esortazione di ieri sera di una lettrice che aspetta di sapere come finirà la storia dei Poeti di Cera e i libri di Freud e Peter Pan caduti dalla libreria. Che fare? Di certo il desiderio di finire questo romanzo, che ancora non ha un titolo, è forte, ma è giusto metterlo in pausa? Dilemma.
Categorie:Di Ruderi e Scrittura
Il lettore si gode la leggerezza del leggere, e ignora la pesantezza dello scrivere. Ignora o finge di non sapere. E fa bene. È la sua meritata ricompensa per aver acquistato il libro. Ma lo scrittore sa dalla sua carne che dietro oggi frase ci sono centinaia di pagine spesso noiose, lette, e rilette con fatica. E riscritte, decine e decine di volte. E sudore. E dubbi. Abbandoni e riprese. Scrivere, sì è una passione, ma nel senso etimologico più radicale del termine: un patire. Ma è vera gioia quella partorita dal cesario della frivolezza? Anestetizzati dal chiasso del mondo crediamo di trasmettere vita senza provare dolore.
Non sappiamo che cosa partoriremo, ma godiamoci il travaglio.
Avanti tutta, Gaetano!
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