Conversazioni e Interviste

Tra tante storie la mia – intervista per il Corriere della Calabria

STORIE
LA MIA REGGIO è Londra

Lavorava di notte e dormiva di mattina in un parco. Gaetano Barreca, ex precario, ora diffonde la cultura italiana nel cuore della City. E scrive libri

 di Eugenio Furia per Il Corriere della Calabria

Gaetano è nato tre volte. La prima 35 anni fa. Poi a Perugia, dove di notte lavorava in una fabbrica di maglieria e di mattina dormiva in un parco, in attesa di trovare casa. Infine in Inghilterra: nella sua terza vita Gaetano Barreca vive a Londra. Studia archeologia e architettura, poi gli scavi a Pompei, il precariato e la voglia di partire. Per ripartire. Membro del Freud museum, lavora al British e, da volontario, al Museo italiano di Londra, l’Estorick collection of Modern italian art. Oggi è un insegnante di lingua e cultura italiana: «Tengo le mie lezioni in un club privato nel pieno centro cittadino a Trafalgar Square, dove indottrino i miei studenti tra un tè e un cappuccino pomeridiano. Sono attori, scrittori, cantanti, avvocati e liberi professionisti di varie nazioni – racconta Barreca – talmente affascinati dalla cultura, dai gesti, dal cibo e dal sole del nostro Paese che sentirli parlare con quell’entusiasmo mi commuove sempre». Una studentessa australiana inserirà molta Calabria – ’nduja compresa… – nel libretto di “Grand’opera garibaldina” scritto in versi e da portare in scena per il 155° anniversario dell’Unità d’Italia.

Gaetano si fa guidare dalla scrittura dedicandosi ai suoi romanzi e alle sue ricerche: «voglio viaggiare e confrontarmi con altre culture e altri punti di vista». Ha già all’attivo tre romanzi e un libro di favole con altri autori: “L’amuleto dell’essere”, “Martini Bias Crime”, “Inquietudini di Cera” (che sta traducendo in inglese), vincitore del premio “Libro del mese” del sito letterario Il Romanziere nel novembre 2011 e, più di recente, del premio Cover Cup, la copertina più bella tra quelle votate sul sito letterario Il Mondo dello Scrittore; da ultimo “Favole racconti e dintorni” di Edizioni Eracle. Il suo libro in preparazione sta prendendo forma a margine di più di un viaggio nel Mezzogiorno, amato e odiato.

Come mai ha deciso di lasciare la Calabria?

«Non esiste mai un unico motivo per cui si lascia la propria terra, ma un accumulo di esperienze negative, quando è chiaro che non ti viene garantito un futuro non tanto dallo Stato, dal quale non ho mai preteso nulla, ma dalla tua stessa gente. Posso confermare che sono partito per amore, un profondo amore tradito per la mia Reggio: ho dato un’ultima chance alla mia città immatricolandomi alla facoltà di Architettura in indirizzo di Conservazione per i Beni culturali. Ma studiare lì era solo una frustrante perdita di tempo. Ho deciso di lasciare tutto e spostarmi nell’osannato Nord, terra promessa di meritocrazia e lavoro. Quel nord e centro Italia che, oltre a tarallucci e vino, non mi ha dato nulla se non la conferma che in Italia “tutto il mondo è Paese”… Lasciata la Calabria, devo dire però che la mia indipendenza è iniziata a Perugia con i miei diciannove anni, in un caldissimo mese di luglio. Se credi in te stesso e hai un obiettivo da raggiungere, la tenacia ti premia sempre».

In Inghilterra ha finalmente trovato la sua dimensione, ma cè qualcosa che continua a legarla alla Calabria?

«A Reggio sono nati i miei nipoti, c’è il balcone di casa mia che affaccia sullo Stretto più bello del mondo che ogni tanto mi dona la magia della Fata Morgana, c’è il cibo di mia madre, il buffo dialetto e tanta storia sui ciottoli dei centri abitati con vecchietti pronti a condividere una chiacchiera spensierata o la lamentela del giorno. Benché ormai vivo fuori da sedici anni, non mi sono mai dimenticato della mia Calabria. Nessuno può farlo, la casa è dove sei tu, ma la città che ti ha dato i natali ti appartiene per sempre. È parte di te. Non so bene cosa voglia dire essere calabrese, ma di certo so cosa vuol dire appartenere alla storia di un popolo, e la città in cui sono nato ha una storia tutta sua fatta di principesse rinchiuse in una torre, fate bretoni e cittadini incredibilmente innamorati della propria terra che hanno fatto davvero tanto per proteggerla. Mi lega sicuramente alla Calabria il Dna della Magna Grecia dalla quale ho ereditato il piacere della conoscenza, della continua scoperta, della storia del territorio della mia Rhegion e poi dell’Italia intera. Quando a scuola hai insegnanti capaci di arricchirti ad ogni lezione e comunicarti la passione del vivere e dell’arte, come li ho avuti io, non puoi fare a meno di farti coinvolgere e voler diventare a tua volta un ricercatore o educatore».

Quanto della sua formazione ha influito nellattività che svolge a Londra?

«La formazione è stata praticamente la mia esperienza di vita e la piena consapevolezza di quel potenziale fornitomi dai miei insegnanti alla scuola d’arte Frangipane. Oggi mi muovo anche attraverso il web, che è una fonte inesauribile di scoperte e, per uno che ama fare ricerca, acquisita con studi archeologici sul campo, è una fonte inesauribile di sapere. Per la laurea in Archeologia a Perugia ho rifiutato di continuare la collaborazione con l’università per il Progetto Regio VI di Pompei per le condizioni economiche che ad un ricercatore, figlio di nessuno, non sono affatto convenienti. Solo l’Inghilterra, poi, mi ha dato l’accesso pieno al mondo dell’arte: ho imparato tantissimo e, anche come visitatore, imparo e mi sento coinvolto. Gli inglesi, usando i nostri beni, sono dei veri maestri nel gestire le mostre e intrattenere attivamente il proprio pubblico. Quando sono presente a una qualsiasi mostra in Inghilterra la sensazione che provo è di esser stato nel posto giusto al momento giusto, fortunato!».

Come tiene legato il filo che la unisce alla Calabria?

«Dal febbraio 2013 ho creato e gestisco la pagina Facebook (non ufficiale, ndr) del Museo archeologico di Reggio Calabria, perché ho sempre creduto nel potere della comunicazione che va oltre gli scaffali polverosi degli oggetti accatastati nelle vetrinette. Sono “potenziale partecipato”, ma senza comunicazioni sono oggetti vecchi che presto verranno dimenticati. La gestione precedente del museo l’ho trovata pessima e spero che non si verifichi un replay una volta che i riflettori si allontaneranno dalla città. In quel bel museo non esistono solo i Bronzi di Riace, ma templi e oggetti che osannano la rinascita della Primavera e la morte tra miti e credenze popolari che antecedevano il cristianesimo e poi tanto, tanto altro. Ma se non coinvolgi il tuo pubblico, se non lo spingi a diventare parte attiva della cultura, quello che il visitatore dirà una volta fuori dal museo saranno le solite frasi fatte,  “bellissimo”, “interessante”… Al British Museum sono stato partecipe di uno sleep over: i bambini dormivano al museo e la notte facevano le escursioni mentre venivano raccontate loro storie relative ai monumenti. Perché in Calabria c’è la banalizzazione di queste iniziative? Perché la cultura deve essere solo di una élite? A volte mi fa tristezza capire che siamo un popolo che non è interessato alla propria storia e che non va alla ricerca di gente interessata in giro per il mondo. Tornando al web, il mio piccolo contributo è quello di spargere l’arte e la cultura nella mia pagina per comunicare e presentare al mondo non solo la nostra Calabria, ma tutto il Sud e le bellezze dell’intera nostra Italia. Al momento conta oltre 1500 iscritti».

Ci sono degli autori calabresi a cui si ispira o che comunque le piacciono più di altri?

«Per quanto riguarda la scrittura ho un’immensa ammirazione per gli studi fatti dallo Spanò Bolani nell’Ottocento, conservo gelosamente i suoi due volumi della Storia di Reggio e li ho con me sugli scaffali della mia libreria a Londra, ho un’intera sezione dedicata ai libri di ricerche e di approfondimento sulla città. Ispirato dalla passione degli studi dell’ex sindaco ho fatto diverse ricerche su tradizioni e storie di Reggio che oggi conservo in una cartella del computer e forse, un giorno, saranno accessibili agli appassionati della cultura come me. Grazie a internet ho conosciuto diversi autori giovani calabresi alle prese con la scrittura, tali che sembra si stia creando un nuovo “risorgimento letterario”, cito per esempio Demetrio Verbaro che racconta storie semplici di speranza e no, veritiere e tremende come quelle del giornalista Sharo Gambino che purtroppo non ho avuto il piacere di conoscere».

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