lettera aperta a Italo Calvino
su Paese Sera (8 luglio 1974)
L’articolo suscita un vespaio di polemiche. Pasolini è accusato di estetismo e irrazionalismo, di mancanza di senso storico: Calvino gli rimprovera di rimpiangere l’Italietta provinciale e contadina anni sessanta ed altri gli ricorderanno l’elogio della civiltà borghese contenuto nel Manifesto dei comunisti del 1848. Ma il corsaro replica a tutti: è stata la propaganda televisiva del nuovo tipo di vita edonistico che ha determinato il trionfo del NO al referendum. […] È vero che in tutti questi anni la censura televisiva è stata una censura vaticana. Solo però che il Vaticano non ha capito che cosa doveva censurare. Doveva censurare per esempio «Carosello», perché è in Carosello, onnipotente, che esplode in tutto il suo nitore, la sua assolutezza, il nuovo tipodi vita che gli italiani «devono» vivere […] Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto. Ad altri – e a Calvino soprattutto, dal cui intervento si sentì profondamente ferito ed offeso – risponderà con una lettera aperta su Paese Sera (8 luglio 1974). Inaltro post quella lettera verrà riprodotta integralmente. Qui di seguito è riportato il testo che correda il video pubblicato su You Tube: si tratta di un estratto tratto da I Magnifici di Radio 24, un po’ di tempo fa fu trasmesso uno speciale su Pier Paolo Pasolini. Tale testo è un mix tra il contenuto della “lettera a Calvino” e l’intervista rilasciata a Furio Colombo il 1° novembre 1975.
Che degli altri abbiano fatto finta di non capire è naturale. Ma mi meraviglio che non abbia voluto capire tu (che non hai ragioni per farlo).
Pier Paolo Pasolini |
Io rimpiangere l’«Italietta»? Ma allora tu non hai letto un solo verso delle Ceneri di Gramsci o di Calderón, non hai letto una sola riga dei miei romanzi, non hai visto una sola inquadratura dei miei film, non sai niente di me! Perché tutto ciò che io ho fatto e sono, esclude per sua natura che io possa rimpiangere l’Italietta.
La tragedia è che non ci sono più esseri umani, ci sono strane macchine, strane macchine che sbattono una contro l’altra. E noi, gli intellettuali, prendiamo l’orario ferroviario dell’anno scorso o di dieci anni prima, e poi diciamo: ma strano che questi due treni non passano di lì, e come mai sono andati a fracassarsi in quel modo? O il macchinista è impazzito, o è un criminale isolato, o c’è un complotto. Soprattutto il complotto ci fa delirare. Ci libera da tutto il peso di confrontarci da soli con la verità. Che bello se mentre siamo qui a parlare qualcuno in cantina sta facendo i piani per farci fuori. È facile, è semplice, è la resistenza. Noi perderemo alcuni compagni e poi ci organizzeremo e faremo fuori loro, o uno per uno, ti pare? Eh lo so che quando trasmettono in televisione “Parigi brucia” tutti sono lì con le lacrime agli occhi ed una voglia matta che la storia si ripeta, bella, pulita, (un frutto del tempo è che lava le cose come le facciate delle case). Semplice, io di qua, tu di là.
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