Aldo Moro, Il Caso Galatina

Il Caso Galatina 5 – conclusione: il maestro Alberto Manzi e l’atto di nascita di Aldo Moro

💬 Di seguito riporto le opinioni e le testimonianze di persone che ho intervistato durante le mie ricerche riguardo alla vicenda della Tota, una figura rimasta impressa nel ricordo popolare e che ancora suscita interesse.

Per alcuni una semplice donna del popolo, per altri una donna di facili costumi, per tutti la Tota era la vera madre di Aldo Moro.

Leggi la prima parte, o continua qui:

Nel libro che Agnese Moro dedica al padre ricorda con fare quasi stupito che Aldo Moro non parlava mai della propria infanzia:

“Credo di non avergli mai sentito dire una parola su sua madre e su suo fratello, morti quando lui era ancora molto giovane. Forse una volta avrà detto la parola mamma, ma niente di più. Della sua infanzia non ha mai raccontato nulla, salvo alcune cose che si cucinavano a casa sua come le frittelle o le cime di rapa. Non mi sembra di aver mai sentito raccontare di un suo compagno di giochi, un episodio di scuola, qualcosa fatta da un fratello quando erano piccoli, una frase detta da suo padre o da sua madre.

Sembrava venuto un po’ dal nulla, come se, da un certo momento, avesse chiuso con il suo passato.Era attaccato ai suoi fratelli e a sua sorella. La Vigilia di Natale la si passava sempre insieme, a casa dello zio Carlo”.

E ancora: “Mamma (Eleonora Chiavarelli – ndr.) mi ha raccontato che è stato il suo fratello più grande, Alberto (morto giovane di tubercolosi contratta per l’indebolimento da mancanza di cibo di cui si privava per lasciarlo ai fratelli in tempo di guerra), a occuparsi della sua educazione religiosa. Lo fece cresimare ancora adolescente, contrariamente a quanto previsto dalle abitudini pugliesi di allora, secondo le quali ci si cresimava subito prima del matrimonio.

Andava a messa tutte le mattine, come anche mia madre. Credo che lo facesse non per convenienza, ma per un bisogno interiore di inginocchiarsi e di chiedere aiuto; di rimettersi a qualcosa di più altro e di più grande”.

Aldo Romeo Luigi Moro (Maglie, 23 settembre 1916 – Roma, 9 maggio 1978)
È stato un politico, giurista e accademico italiano.

Decido di contattare l’Ufficio di Stato Civile del Comune di Maglie per chiedere, per scopi storici, ai sensi delle normative a riferimento, la riproduzione digitale dell’atto di nascita di Aldo Moro, nato a Maglie il 23 settembre 1916, allorché, sottolineo, nulla osti il diritto di accesso allo specifico documento. In caso di favorevole accoglimento della presente, aggiungo, chiedo inoltre che la suddetta riproduzione digitale venga inoltrata via email a questo mio stesso indirizzo, precisando che la stessa non sarà oggetto di pubblicazione. 

Ricevo notifica di avvenuta registrazione al numero di protocollo.Nell’attesa, le mie ricerche si spostano a Cosenza continuando a investigare su colei che la storia ufficiale dice fosse la madre naturale di Aldo Moro, Fida Maria Stinchi (Cosenza, 14 luglio 1879 – Bari, 15 febbraio 1939). Come fu per la Tota, anche per Fida le informazioni che giungono sono rare e spesso contraddittorie.

Lasciata dai genitori alle cure delle zie paterne sin dalla tenera età di sei anni, Fida fu figlia di Felicia Lanzillo (1848 – 1903), maestra di scuola rurale e di Nicola Stinchi di Vincenzo, ingegnere del Regno d’Italia addetto alla progettazione della rete ferroviaria Meridionale a prolungamento di quella Borbonica. Fida appare a volte come donna dedita alla famiglia e al culto di Dio, “come d’altronde tante mamme del tempo, specie quelle del Sud”, si legge nel libro  Aldo Moro, un italiano diverso. Nel suddetto testo del 1968, considerato la prima biografia ufficiale di Aldo Moro, l’autore Giovanni Aquaviva afferma che, “al contrario del padre Renato (che fu un diligentissimo servitore dello Stato in perfetto stile ottocentesco, molto in vista, con colletto inamidato, abiti scuri e occhiali a pince-nez), sua madre Fida era poco conosciuta e si dedicò principalmente alle incombenze di casalinga.” In altre biografie, però, Fida emerge come una donna illuminata e un’ottima insegnante, a volte viene definita come una giornalista o una pubblicista. Mai una data e nessun’altra informazione. Vado allora alla ricerca degli articoli scritti da Fida, e riesco a trovarli entrando in contatto con gli eredi del giornale per cui ella lavorò, Cronaca di Calabria. Con difficoltà riesco a rintracciare la signora Aldina, nipote di Fida, e scambiare qualche email con il professore Renato Moro, professore ordinario di Storia contemporanea e nipote dello statista Aldo Moro, riuscendo a capire qualcosa in più sulla vita “nascosta” di Fida.

Interessarmi a Fida incomincia ad emozionarmi. Scopro la lotta delle donne di inizio 1900, del suo ruolo di pedagogista atta a salvare, tramite l’educazione, i bambini dalle deportazioni nelle fabbriche francesi e allo schiavismo in tenera età. Al Secondo Congresso Magistrale Calabrese dell’ottobre 1908 le venne affidato di redigere il tema La donna in Calabria in rapporto all’educazione. Nella sua esposizione Fida risultò schietta, riconobbe che la donna in Calabria era «ancora lontana dal conquistare quella autonomia che oggi s’impone, quella capacità di agire con coscienza propria, troppo lontana dal conquistare una personalità» e che era ancora «lontana da l’educazione, anche scolastica, perché l’istruzione si riteneva fonte di immoralità per la donna», ma era fermamente convinta che il contributo femminile all’edificazione della nuova società fosse possibile, a patto che anche alla donna fosse assicurato il lavoro, che «è sorgente di benessere, di elevazione intellettuale e morale e di progresso», ma anche all’alfabetismo, che da solo «non basta a preparare seriamente alla vita ».

Fida tuona queste parole in fronte a una platea di uomini, in un momento storico in cui le donne erano escluse dalla partecipazione politica, da una serie di percorsi di studio e di professioni perché ritenute incapaci di agire secondo ragione. Sottoposte alla potestà del marito, non erano libere di gestire la propria vita e i propri beni.

Fida Maria Stinchi (Cosenza, 14 luglio 1879 – Bari, 15 febbraio 1939) e
Renato Ermele Riario Moro (Ugento, 15 ottobre 1876 – Roma, 11 maggio 1957)

Fida diviene allora il volto non solo di una Calabria a me sconosciuta, ma di un Meridione fatto di donne forti, determinate e istruite pronte a sconvolgere l’ordine sociale imposto. Capisco solo allora che il divario culturale e sociale tra la cosentina e la povera Tota, benché “parenti alla lontana” è enorme. Il dubbio si rafforza: è forse vero che Salvatora Moro, la Tota, affidò al cugino Renato e la moglie Fida quel bambino dal ciuffo bianco per permettergli una vita migliore? Non sarebbe uno scandalo e nulla di strano, in quanto, come ci ricorda anche Donatella Di Pietrantonio nel suo romanzo vincitore al Premio Campiello 2017, L’Arminuta, l’affido intrafamiliare era, per povertà o necessità in genere, molto comune un tempo. Anche la Stinchi e i suoi due fratelli, d’altronde, furono affidati alle zie a causa della separazione dei genitori.

Qualche giorno dopo la mia richiesta al Comune di Maglie, nella mia casella di posta ricevo l’attesissima email: “Invio estratto di nascita di Moro Aldo”. Finalmente eccolo, mi son detto. Leggo con attenzione. Rimango basito per un momento. Si legge che Moro Aldo Romeo Luigi, di sesso maschile, è nato alle ore 9 e zero minuti a Maglie (LE) il 23 settembre 1916. Nessuna menzione dei genitori, ma sono aggiunte due annotazioni. La prima fa riferimento al matrimonio contratto con Chiaravelli Eleonora il 5 aprile 1945 a Montemarciano (Ancona) e la seconda annotazione riferisce il giorno della morte, Roma 09-05-1978.

Strano. I nomi dei genitori di Aldo Moro risultano omessi. Ne Renato Moro, ne Fida Stinchi sono menzionati. Eppure, la mia richiesta era espressamente una copia dell’atto di nascita e questa ricevuta è un estratto per riassunto di nascita. Una svista dell’addetto comunale? O che l’omissione possa servire a non dover dichiarare il falso e a nascondere una notizia? Quello, d’altronde, è un certificato.

Decido allora di fare seguito: “Sarebbe possibile avere il nome dei genitori e/o la fotografia digitale del documento di nascita?” 

Atti di nascita del 1916, Comune di Galatina (LE)

Ricevo la notifica di avvenuta registrazione al numero di protocollo. Rimango in attesa e rifletto. Ripenso a questo viaggio alla ricerca della Tota intrapreso quasi per caso.

Le dicerie, le voci di paese, a volte, contengono degli elementi di verità, ma si tratta spesso di “verità” costruite, elaborate dai confusi ricordi di qualcuno. Accade infatti che a inizio di queste ricerche alla scoperta della madre naturale del compianto politico, un noto professore della città di Galatina affermasse con veemenza di ricordare il piccolo Aldo Moro sulle scale della Cattedrale vestito di stracci, mentre la madre mendicava. È possibile però, che quest’uomo non sapesse, e non sappia tutt’ora, che la Tota ebbe due femminucce dell’età di Aldo Moro, e un maschietto, Giuseppe Stanca (25 gennaio 1911) di cinque anni più grande. Ancora, dalla data di nascita del compianto statista, il 1916, si capisce che il professore in questione non poteva avere un ricordo diretto dell’evento, ma che fu a lui affidato da una persona cara, a cui credere, come un genitore.  “Il Caso Galatina”, che prende il nome da un atto della memoria collettiva, in cui elementi di verità vengono elaborati per dare impulso a creare il Noi di una comunità e un’identità di appartenenza, fino a ricordare qualcosa che in realtà non è mai accaduto. In questi articoli, dunque, la memoria collettiva è stata usata come espediente letterario, seppur nel nostro caso controverso, per dare voce ad un determinato obiettivo. Partendo da una voce di paese, infatti, riesco a  raccontare di come quest’uomo straordinario, Aldo Moro. La ricerca su chi fosse la Tota, condotta fin qui si limita a dare prova di alcuni fatti verificabili dal punto di vista documentale, anagrafico e ricordare un uomo eccezionale.

Finalmente ricevo la risposta del Comune di Maglie, a conclusione di questa ricerca. Come la storia riporta, Aldo Moro fu figlio di Renato Ermele Riario Moro e Fida Maria Stinchi.

Abbiamo in questi articoli dedotto che Aldo Moro probabilmente non nacque a Galatina, ma che la famiglia Moro ebbe origini galatinesi. Il nonno di Aldo, Salvatore Moro figlio di contadini, fu un insegnante elementare poi trasferitosi da Galatina a Ugento, dove nacque il padre di Aldo, Renato Moro. Abbiamo confermato, documenti alla mano, che la Tota dal ciuffo bianco era in realtà la cugina del padre di Aldo Moro. La formazione del pensiero politico di Aldo Moro, invece, non può che essere derivato dalla sensibilità del politico verso la classe più debole, quella proletaria, ossia dalle sue stesse umili origini. Da quella illuminata umiltà. È grazie ai genitori, Renato Moro e Fida Stinchi, entrambi insegnanti, che quando Aldo Moro fu Ministro dell’Istruzione, diede la possibilità di imparare a leggere e scrivere a un intero paese, riconoscendo che attraverso il mezzo televisivo si poteva contribuire ad unire la nazione. Moro propose infatti la storica trasmissione RAI Non è mai troppo tardi. Corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta, condotta dal noto maestro e pedagogo Alberto Manzi. Si trattava di autentiche lezioni, tenute dal professor Manzi a classi formate da adulti analfabeti, che andava in onda nella fascia preserale, per permettere a chi lavorava di potervi assistere.

Alberto Manzi (Roma, 3 novembre 1924 – Pitigliano, 4 dicembre 1997)
È stato un docente, pedagogista e scrittore italiano

Nelle lezioni venivano utilizzate le tecniche di insegnamento moderne, si servivano di filmati, supporti audio, dimostrazioni pratiche, nonché della mano del maestro Manzi che, con rapidi tratti di carboncino, disegnava schizzi e bozzetti su un tabellone a grandi fogli.

Iniziata il 15 novembre 1969, la trasmissione del maestro Manzi ebbe un importante ruolo sociale ed educativo, contribuendo all’unificazione culturale della nazione tramite l’insegnamento della lingua italiana e abbassando notevolmente il tasso di analfabetismo, particolarmente elevato nell’Italia degli anni 60. Grazie a queste lezioni a distanza, quasi un milione e mezzo di persone sono riuscite a conseguire la licenza elementare. Non è mai troppo tardi si concluse il 10 maggio 1968, anno in cui poté essere sospesa grazie all’aumento della frequenza alla scuola dell’obbligo. Il progetto ebbe inoltre un grande successo internazionale e fu imitato in settantadue paesi.

Aldo Moro, il Caso Galatina – Fine

Articolo pubblicato sulla rivista salentina

©️ Tutti i diritti riservati

Alberto Manzi – Non è mai troppo tardi – episodio RAI del 24 febbraio 1961
Estratto dalla puntata di Scaramouche del 28 febbraio 2015, Rai 5
La pubblicazione del video non ha scopo di lucro
Immagini di repertorio Rai e Centro Manzi dell’attività pedagogica e televisiva del maestro Alberto Manzi. Il video è realizzato nell’ambito del convegno “Storia e storie dell’analfabetismo” (Torino, 8-9 settembre 2011), promosso dal Centro Alberto Manzi in occasione della giornata mondiale Unesco per la lotta all’analfabetismo.

BIBLIOGRAFIA:
Un Uomo Così, ricordando mio padre, Agnese Moro, BUR saggi Rizzoli 2018, p.29 e 74.

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13 risposte »

  1. Noi di una certa età, tutti abbiamo guardato il Maestro Manzi. In tanti hanno imparato da lui a leggere e scrivere. Mia sorella, a 4 anni, guardava insieme al nonno la TV. È entrata a scuola un anno prima, la così detta primina. Tra il Maestro Manzi e noi fratelli più grandi, sapeva già leggere e scrivere

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  2. Che grandissimo uomo acculturato da vero parlamentare. Sempre modesto nel parlare e distinto nell’apparire. Per gli attuali parlamentari dovrebbe essere preso in considerazione in e di esempio.. Fu sfortunato, si trovò in un periodo burrascoso della nostra italia. Fu malamente ucciso dalle BR con la complicità degli stessi “amici” di partito che non vollero salvare poiché era divenuto scomodo e stava tentando di formare un governo con la sinistra. L’ Andreotti lo sapeva benissimo ma non fece nulla.

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  3. Mio nonno con questa trasmissione e il mio aiuto di bambina ha imparato ha scrivere il suo nome. A 6 anni invece di andare a scuola l’hanno mandato a lavorare in una fornace che produceva mattoni

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  4. Io avevo 6 anni e nel 1960, appena un mese prima, avevo iniziato la scuola. Seguivo tutte le trasmissioni del grande Maestro Manzi che adoravo. Da lui ho imparato tanto. E ricordo la commozione nel vedere queste persone che si impegnavani con passione per conseguire la licenza elementare. Mi rendevo conto che io ero molto più fortunata. Non sapevo che la trasmissione fosse stata voluta da Aldo Moro. Un motivo in più per ricordare con gratitudine un uomo che fu un vero statista.

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  5. In questo percorso intrapreso si arriva, infatti, a trattare della storia del mondo scolastico che va dal Regno d’Italia, sino alla nascita della Repubblica Italiana e la stesura della Carta Costituzione, di cui Aldo Moro fu uno dei firmatari. (cit dell’autore)

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  6. Mia nonna era analfabeta ma caparbia , parliamo classe 1890 , imparò firmare grazie al Maestro Manzi , non vi dico lo sguardo fiero e felice di mia nonna quando ci faceva vedere a noi nipoti la sua firma. Quest uomo e il suo programma ha contribuito in maniera non indifferente a rendere libera e indipendente una generazione che per ovvi motivi non aveva avuto la possibilità di avere neanche un minimo d istruzione.

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  7. Da ragazzo andavo a messa nella Chiesa detta Santuario dell’Alberici dove si è sposato Moro, quindi pur molto più giovane di lui mi piace che di questa umile chiesa di Campagna se ne parli. Peraltro a 3 km dove è nata la Montessori (Chiaravalle). Insomma luoghi forti anche se non turistici.

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